lunedì 27 agosto 2018

Rassegna stampa 27 Agosto 2018


Unione Sarda

Ruspe negli ex depositi dell'Eni: verso le bonifiche a Santa Gilla

Sono partiti i lavori di messa in sicurezza dell'ex deposito Agip di via Santa Gilla. Ruspe e operai hanno varcato i cancelli della vasta area abbandonata nel quartiere di Sant'Avendrace. C'è voluto un iter lungo e tortuoso per sbloccare un intervento atteso da tempo.

IL DEPOSITO AGIP «Siamo andati via da lì nei primi anni Duemila ed erano già cominciati i rilievi della Soprintendenza per i beni archeologici», ricorda Stefano Arrica, che da agente dell'Agip aveva gli uffici nel terreno che ospitava i depositi a Santa Gilla, «stavano cominciando a demolire i vecchi serbatoi e la bonifica conclusiva era già prevista perché imposta dal decreto Ronchi». All'interno dell'area ci sono stati ritrovamenti archeologici, monitorati dalla Soprintendenza.

GLI IDROCARBURI Col passare degli anni si arriva al 2012-2013 quando, durante i lavori, erano scoppiate le proteste dei residenti per i cattivi odori. Dai controlli era emersa la presenza di idrocarburi e l'Eni aveva assicurato che avrebbe completato le bonifiche. Nel frattempo quell'area industriale dismessa di oltre un ettaro è stata classificata come IC nel Piano urbanistico comunale, è quindi edificabile ma qualunque intervento potrà arrivare solo dopo le bonifiche.

PIANO DI CARATTERIZZAZIONE Dalla Syndial, la società dell'Eni che gestisce le questioni ambientali e gli interventi di bonifica, spiegano «che è stata attualmente completata la demolizione di un fabbricato e la progettazione esecutiva per la demolizione dei restanti manufatti fuori terra, finalizzata a dare seguito all'avvio dell'iter per l'assegnazione dell'appalto e il cui inizio lavori è previsto nel primo semestre 2019». Dalla società dell'Eni spiegano che «è stata ultimata la caratterizzazione ambientale di tutta l'area» e che la conferenza di servizi per l'approvazione del piano di caratterizzazione è prevista per il 20 settembre e solo dopo arriveranno «l'elaborazione e approvazione dell'analisi di rischio».

«UNA VECCHIA STORIA» Conosce bene quell'area il consigliere regionale Edoardo Tocco. «Mio padre aveva la carpenteria metallica lì dietro, sono praticamente cresciuto in quella zona - ricorda l'ex consigliere comunale di Forza Italia - già da quando ero alla Circoscrizione si affrontava il problema di quell'area abbandonata tra rifiuti e degrado. Poi si scoprì che c'erano rifiuti tossici ma non si è mai completato l'iter per la bonifica. Finalmente si muove qualcosa, il quartiere ne ha bisogno».

BANDO PERIFERIE Il versante più occidentale della città è destinato a cambiare radicalmente con gli interventi previsti dal Comune nell'area di via San Paolo (dove nascerà un parco urbano), nell'area dell'ex mattatoio di via Po (che lascerà spazio a 140 alloggi) e con la riqualificazione totale di via Sant'Avendrace. Si tratta di progetti previsti dall'accordo per il bando periferie siglato nel 2017 dal sindaco Massimo Zedda con l'allora premier Paolo Gentiloni.

Marcello Zasso


 Sindacati, che sorpresa: più tesserati dopo la crisi
Aumentano in Sardegna gli iscritti a Cgil, Cisl e Uil: «Nessun crollo»

Per Michele Carrus, segretario generale della Cgil sarda, la crisi del
sindacato «è una rappresentazione fatta dagli avversari della
dialettica sociale». In altre parole: una balla.
I NUMERI In effetti i numeri danno un ritorno di fiamma dei lavoratori
verso le organizzazioni che - al netto delle critiche - li tutelano.
Nell'Isola la Cgil nel 2017 guadagna quasi 9000 tesserati rispetto
all'anno precedente, la Cisl 1700, la Uil 572. Merito dei pensionati?
«No», sostiene Carrus, «gli attivi sono di più, gli anziani, per
effetto della riforma del sistema previdenziale, diminuiscono».
Dunque, «con la disoccupazione che non arretra e un governo che si
spaccia per progressista mentre ci sta riportando indietro di 50 anni,
ad esempio con il ritorno dei voucher, vediamo una vitalità vera, la
richiesta di invertire la tendenza alla liberalizzazione selvaggia e
alla riduzione dei diritti fino all'abbrutimento».

Insomma, alla Cgil (176mila iscritti in Sardegna, 5 milioni 518mila a
livello nazionale) le provocazioni del neo ministro del Lavoro Luigi
Di Maio - prima di salire al governo “o si riformano o ci penseremo
noi”, dopo, “possono essere utili ma la loro rappresentatività è tutta
da verificare” - non fanno paura. «Loro votano in mille e scelgono un
candidato presidente della Regione con 240 preferenze, se noi
convochiamo due comitati direttivi mettiamo assieme molta più gente»,
dice Carrus.

 «Certo, dobbiamo usare meglio gli strumenti di
comunicazione e entrare in un rapporto più strutturato con i
lavoratori “nuovi”, ingranaggi dello sfruttamento messo in atto dalle
multinazionali “virtuali”. Persone che hanno gli stessi problemi di
salute di chi stava alle catene di montaggio quando è nata
l'industria, che all'inizio pensano di farcela da soli, o sono
spaventati perché minacciati, ma quando si trovano alle strette
cercano protezione e scoprono il sindacato».

LE RSU Dice Gavino Carta, segretario della Cisl, che «sono anni che
sento parlare di crisi del sindacato, invece la domanda di
intermediazione è alta, e lo dimostrano anche le recenti elezioni
delle Rsu nel Pubblico impiego, in cui i confederali sono usciti
largamente vincitori. C'è una certa politica che evidentemente punta
ad altri modelli, ma le persone reali hanno bisogno di punti di
riferimento reali.

È vero, oggi si fa più fatica, la frammentazione
del mercato del lavoro aumenta, il lavoratore spesso dobbiamo
raggiungerlo a casa sua, c'è troppo individualismo e talvolta abbiamo
anche siglato in buona fede accordi che poi si sono rivelati
vantaggiosi esclusivamente per le imprese. Ma non è facendo saltare il
sistema di regole che si facilitano le relazioni e si crea occupazione
duratura».

L'INDUSTRIA CHIUSA Secondo Gianni Olla, segretario Feneal Uil, «la
richiesta è quella di un sindacato forte. Oggi, se crisi esiste -
anche se la si vuol raccontare più grave di quello che è - la causa
sta nella chiusura dei grandi poli industriali, come Ottana e
Villacidro, e nella perdita di tanti posti di lavoro. Solo l'edilizia,
per dire, conta il 60% di addetti in meno in pochi anni. Noi siamo
cresciuti nonostante la disoccupazione, ma siccome il problema esiste
e guardiamo al futuro, facciamo rete e cerchiamo di raggiungere le
Rsu, le rappresentanze nei luoghi di lavoro, la nostra sveglia e la
nostra coscienza critica. Anche i sindacalisti, come i politici,
devono riavvicinarsi al mondo del lavoro e non imborghesirsi».

L'USB Omar Trudu, licenziato da Meridiana, sindacalista dell'Usb (2500
iscritti in Sardegna, oltre 100mila in Italia) racconta che «quando le
sigle confederali e qualche associazione professionale firmarono nel
2016 l'accordo per Qatar Airways», con centinaia di dipendenti della
compagnia mandati a casa, «chiedemmo un referendum, che ci fu negato
da Cgil, Cisl e Uil, perché avrebbero perso».

Dice: «I nostri iscritti
sono militanti, partecipano, la missione di un sindacato di base è
riportare i lavoratori a essere protagonisti. Non ci danno una delega
in bianco, intervengono sulle scelte, ed è l'unico modo di
riavvicinare lavoratori e giovani al sindacato. Quello che è successo
ai partiti tradizionali, la disaffezione e la fuga, sta succedendo ai
sindacati “vecchi”, anche se ci vorrà ancora un po' di tempo».
Cristina Cossu

Gianni Loy, docente all'Università di Cagliari: c'è un ritorno
all'organizzazione. «I nuovi lavoratori senza garanzie 
come gli operai dell'Ottocento»

«La quarta rivoluzione industriale che la nostra società sta vivendo,
quella delle intelligenze artificiali e della robotica, ricorda per
molti versi la prima. È vero, la crisi del sindacato è innegabile, è
iniziata tempo fa, ma oggi, con i nuovi lavori che danno sempre meno
garanzie e dignità, con contratti fumosi o addirittura senza alcun
contratto, le persone si sentono sfruttate e cercano aiuto o nelle
sigle tradizionali o in altre forme di aggregazione», dice Gianni Loy,
professore di Diritto del lavoro all'Università di Cagliari.
Dunque, il declino.

«Sì, per diverse ragioni. Innanzitutto per i cambiamenti del Paese e
della nostra regione. Poi per i ripetuti attacchi da parte delle forze
politiche, che cercano di ridimensionare il ruolo dei sindacati,
dicendo che frenano il libero sviluppo dell'economia e ostacolano i
margini di manovra dell'impresa. I diritti fondamentali della persona,
soprattutto quelli legati allo status di lavoratore, sono stati
retrocessi. In più, le moderne società sono individualiste, egoiste,
c'è un crollo dei valori culturali della solidarietà. Il tutto
alimentato dai social e dalle fake news . Molta gente si è convinta
che ce la fa meglio da sola».

Inoltre, alcune imprese moderne hanno cercato di cambiare radicalmente
il sistema delle relazioni con i dipendenti.
«Le multinazionali costruite sull'informatica - che hanno la sede
legale dove si pagano meno tasse - trattano i lavoratori in maniera
anomala, anzi, spesso nemmeno come lavoratori, ma come “imprenditori”
di se stessi. Penso, ad esempio, a Uber, il servizio di taxi privati
diffuso in molti Paesi europei. E hanno una vera e propria avversione
per le forme associative: i lavoratori, non soltanto quelli precari,
sono sempre più esposti al rischio, o al ricatto, di perdere qualche
beneficio, o perfino il posto, per l'affiliazione ad un sindacato o
perché aderiscono a uno sciopero».

Dice che ci sono molte similitudini con quello che succedeva nell'Ottocento?
«Sì, gli elementi in comune purtroppo sono parecchi. Oggi come allora
il lavoratore può essere facilmente espulso dal processo produttivo
ogni volta che la sua prestazione non risulti conveniente per il
datore di lavoro. Ancora, c'è la subordinazione personale, sotto forma
di evanescenti tipologie contrattuali firmate in nome di un'equivoca
autonomia».

Però abbiamo visto i primi scioperi a Ryanair e ad Amazon.
«Sì, quelle masse di lavoratori che sembravano destinati a chinare la
testa per sempre e a costituire la nuova plebe del XXI secolo, danno
segni di ribellione, incominciano ad organizzarsi. Non importa se
sotto l'egida dei sindacati storici o di altre organizzazioni,
riscoprono la tradizionale arma dello sciopero che, piaccia o non
piaccia, continua a costituire in molti casi, uno dei pochi strumenti
di lotta efficaci. Proprio come nel passato. La decisione di Ryanair
di accettare il confronto con i sindacati, o meglio la capacità di
piloti e assistenti di volo - che un tempo erano categorie
privilegiate e adesso non lo sono più - di riuscire a imporglielo, ha
un grande valore simbolico».

Anche il sindacato ha avuto grosse responsabilità, si è fatto male da solo.
«Certo, ma non perché si è opposto alla modernizzazione o alla
flessibilità del lavoro, cosa che non ha fatto, a mio parere. Il
sindacato si è burocratizzato, quello del sindacalista è diventato un
mestiere a sé, che poi ha portato inevitabilmente alla carriera
politica. Andate a vedere quanti ex segretari generali sono diventati
consiglieri regionali o parlamentari. E tutto ciò Cgil, Cisl e Uil lo
hanno pagato, in parte con l'emorragia di tesserati, e poi con la
nascita e il successo dei Cobas. Ma pur con tutti i suoi difetti, guai
se mancasse il sindacato. Difendiamo la sua sopravvivenza in ogni
modo». Cr. Co.


La Nuova Sardegna

Lunedì 3 settembre la prima direzione regionale a guida Cani: si
parlerà di alleanze e programmi
Il Pd apre ai sindaci: uniti contro il populismo

SASSARIIl Pd non si dà per vinto. Nonostante il flop elettorale delle
politiche del 4 marzo i dem sono convinti che a febbraio le regionali
possano terminare con un risultato diverso. Perlomeno, questo è
l'impegno che si è assunto il nuovo segretario Emanuele Cani. Un
traguardo che il successore di Cucca vuole raggiungere cercando di
mettere insieme la coalizione più ampia possibile. Ed è anche con
questo obiettivo che Cani ha convocato la prima direzione regionale
della sua segreteria. L'appuntamento è fissato per lunedì 3 settembre
nella sede provinciale del partito in via Canepa a Oristano.

All'ordine del giorno fissato nella convocazione ci sono «la proposta
della segreteria regionale, la situazione politica e il bilancio
2017». Durante il confronto sarà organizzato il lavoro del partito in
vista della conferenza programmatica di ottobre, e si cominceranno ad
analizzare i temi su possibili alleanze e relazioni in vista delle
elezioni di febbraio. L'idea di Cani resta quella di costruire una
coalizione che sia la più larga possibile, che vada oltre i confini
del classico centrosinistra e si apra al mondo del civismo e dei
sindaci, comprendendo tutto ciò che nell'ambito della società sarda
possa essere funzionale per opporsi a una «deriva populista» dannosa
per il Paese e la Sardegna.Alla chiamata di Cani risponderanno
sicuramente i partiti che oggi compongono la maggioranza che sostiene
Pigliaru, da Campo progressista - il cui leader Massimo Zedda, sindaco
di Cagliari, è uno dei più gettonati candidati governatori - a Mdp,
dall'Upc al Psi, al Centro democratico.

Ma l'obiettivo è anche quello
di coinvolgere il mondo dei sindaci - a partire dall'Italia i Comune
di Federico Pizzarotti, che sta mettendo radici anche in Sardegna - e
al mondo di quel sardismo che non si riconosce nell'abbraccio con la
Lega di Salvini. Più incerta la posizione del Partito dei sardi, che
lavora a un progetto di convergenza tra forze autonomiste con a capo
Paolo Maninchedda. La coalizione progressista presumibilmente, e salvo
colpi di scena, se la dovrà vedere con un solitario Movimento 5 stelle
guidato da Mario Puddu e un centrodestra a trazione sardo-leghista.

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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