lunedì 13 agosto 2018

Rassegna stampa 13 Agosto 2018


Unione Sarda

Calenda-L'ex ministro: l'industria sarda ha ancora un futuro
«Il Pd è a fine corsa: troppa arroganza»

Carlo Calenda si è iscritto al Pd quando le ceneri della disfatta elettorale erano ancora calde, e tanti hanno pensato: sta uscendo allo scoperto, ora vuole guidare il partito, qualcuno addirittura ha ipotizzato un ruolo da candidato premier al prossimo giro. Niente di più sbagliato: «Il Pd va sciolto», ripete adesso che ha la tessera in tasca, «e si devono utilizzare le parti migliori per un progetto più ampio».

Romano, quarantacinque anni, figlio di un economista-scrittore e di una regista (Cristina Comencini), quattro figli, nella sua prima vita è stato un manager. Ferrari, Sky, Confindustria. Nella seconda si è buttato in politica: in principio con l'associazione Italia Futura dell'amico Montezemolo, poi con Scelta civica e infine, dopo l'esperienza di governo, l'approdo sulle sponde dem.

Sul suo profilo Facebook l'immagine di copertina è una foto di gruppo con operai e sindacalisti dell'ex Alcoa (ora Sider Alloys), al fianco del governatore Pigliaru. Non è una coincidenza:
«Quello è un modello che va replicato in tutta Italia».

Si riferisce alla partecipazione azionaria del 5% divisa tra i dipendenti?
«Nel caso dell'Alcoa è un riconoscimento al lavoro straordinario fatto dagli operai. Come nel caso di Eurallumina, hanno impedito che questi poli industriali sparissero dalla carta geografica. Sono convinto che il sistema vada riproposto: i dipendenti, così, sono più coinvolti nella gestione. È da estendere non solo alle industrie che vanno male, ma anche a quelle che vanno bene».

L'Eurallumina è ancora ferma.
«Tutta la fase degli investimenti è chiusa. La fabbrica, per quanto riguarda la parte ministeriale, è pronta per ripartire».

Le previsioni parlavano di una nuova messa in moto a gennaio 2019.
«Mancano solo alcuni aspetti che riguardano l'amministrazione locale. In Eurallumina ci sono imprenditori molto seri, gli operai hanno fatto una grande battaglia. Pensate: noi importiamo alluminio. Chiudere le fabbriche sarebbe una follia».

Il futuro dell'Isola può essere ancora nell'industria pesante?
«Non può essere la vocazione unica, nel mondo contemporaneo non esiste più un modello simile. Il turismo nel caso della Sardegna, unito al terziario avanzato e al commercio fanno parte del mix produttivo ottimale di una regione. Ma all'industria non si può rinunciare».

Trovare investitori per ripartire è difficile perché quasi tutti i
siti sono da bonificare. Una tassa d'ingresso milionaria.
«Nel caso di Eurallumina è stato raggiunto un accordo, insieme a Glencore, per la bonifica della falda. Non sono ammesse deroghe: gli investimenti ambientali sono parte dell'efficienza della fabbrica. Non siamo più nel Novecento».

Il governo è scettico sul metanodotto nell'Isola.
«Credono che il gas sia come il carbone: è una visione da incompetenti e ignoranti. La Sardegna va metanizzata in modo intelligente. È la grande energia di transizione, fino a che la tecnologia non permetterà di stoccare l'elettricità prodotta con le rinnovabili. Non capire questo e fare una battaglia, come con la Tav, a tubi di 90 centimetri che passano sotto terra, è una semplice follia».

Air Italy, nata dalle ceneri di Meridiana col vostro aiuto,
trasferisce i dipendenti a Malpensa.
«Sono cose che vanno gestite. Ci sono diverse categorie di lavoratori: alcune si possono muovere con facilità, incentivandole e tenendo conto della differenza del costo della vita. Poi c'è chi ha famiglia ed è più difficile da spostare. Si può fare tutto tenendo conto dell'età e delle particolarità dei singoli lavoratori».

Alitalia: si parla ancora di nazionalizzazione.
«Noi abbiamo già speso otto miliardi. Ma in Italia dimentichiamo tutto. Alitalia non è più una compagnia di bandiera. È piccola, ha difficoltà a stare sul mercato, le ha pure Lufthansa che è molto più grande. Quella dei tedeschi era un'offerta seria».

La compagnia ora garantisce, nel bene e nel male, la continuità sarda. Non si rischia di vendere all'estero un'azienda strategica per lo Stato?
«È una questione che si risolve con gli incentivi. La cosa importante per i sardi è avere i servizi e i collegamenti. Per le tratte non remunerative si fa come si è sempre fatto, con i bandi e il sostegno pubblico: si spende molto meno che nazionalizzando l'Alitalia».

Capitolo Pd. Lei ha chiesto un nuovo congresso.
«Penso che si debba decidere in fretta, ora non stiamo facendo un'opposizione sufficientemente forte. Ho proposto una segreteria costituente per contrastare quello che secondo me sarà un autunno difficile per il Paese, con un grandissimo rischio di default finanziario».

Siamo già di fronte al baratro? Eppure fino a poco fa c'eravate voi al governo.
«Ma Lega e M5S hanno ricominciato a parlare di uscite dall'Euro, mini Bot, manovre fatte in deficit. E chi ci compra il debito, cioè i signori che gestiscono le pensioni, che so?, dei norvegesi, dicono che questo significa default immediato. E dunque non prendono più i nostri titoli».

Salvini e Di Maio hanno qualcosa in comune con Renzi?
«No, sono molti diversi. Salvini e Di Maio sono pericolosi perché sono incompetenti. Il primo non va oltre le dirette Facebook, ha respinto due navi da 300 persone quando noi avevamo già ridotto gli sbarchi dell'80%».

Però guadagna consensi.
«Perché ha fatto l'opposto di quello che abbiamo fatto noi. Il nostro governo ha gestito il fenomeno senza accorgersi della paura della gente. Lui ha alimentato la paura e gestito quanto ereditato da noi. I timori dei cittadini, e in questo momento ce ne sono tanti, vanno sempre riconosciuti. Noi non lo abbiamo fatto».

E Di Maio?
«Il decreto Dignità è disastroso. Porterà una perdita di 80mila posti di lavoro, dichiarati da loro».

Quando è che il Pd ha perso il contatto con l'elettorato?
«Abbiamo dato l'idea di considerare risolti i problemi che il Paese ancora aveva. E questa si chiama arroganza. Avevamo fatto solo progressi, un primo passo per recuperare le perdite della crisi. Invece abbiamo detto che l'Italia andava bene e chi non lo capiva era un gufo».

Su Facebook scrive che la segreteria Pd è fatta di «anime morte».
«Il futuro non è il Partito democratico, ma un movimento più ampio, che il Pd deve contribuire a costruire»

Un ritorno all'Ulivo?
«No. Penso a una cosa nuova, che levi di mezzo alcuni pezzi della sinistra che si sono comportati poco seriamente, come una parte di Liberi e uguali. Qui bisogna rifondare, raccontare l'associazionismo e il mondo dei sindacati. Si può mettere insieme un soggetto ampio, io lo chiamo fronte repubblicano, che non si deve esaurire in una semplice alleanza».

In Sardegna c'è chi guarda a un Pd federato.
«Non ci credo alle federazioni. Va creato un grande fronte progressista, non federare cose che già ci sono. Solo così si possono superare le divisioni, a tutti i livelli».

Eppure sull'Autonomia e sul sovranismo si è giocata la campagna
elettorale, non solo nell'Isola.
«Va bene l'Autonomismo. Ma come in Germania ci deve essere una clausola di supremazia nazionale».

Quanto dura la legislatura?
«Poco, molto poco. Secondo me andremo a votare entro l'anno».

La Nuova 12 agosto 2018

La Lega: accordo col Psd'Az, con Fi si vedrà
Il numero due Giagoni: con i sardisti è un patto di ferro, le altre
alleanze dipendono dal programma

SASSARI
L'unica certezza è il patto con il Psd'Az. Sui rapporti con Forza
Italia da una parte e con il Movimento 5 stelle dall'altra regna
l'incertezza. La Lega si prepara alle regionali. Un appuntamento in
cui cercherà di portare a casa un bottino superiore al già ottimo
risultato delle politiche, quando ha superato quota 10 per cento. 

Una percentuale figlia dell'intesa con il Partito sardo d'Azione. Che
infatti viene riconfermata senza se e senza ma. «Col Psd'Az c'è una
alleanza forte che andrà anche oltre le regionali - dice Dario
Giagoni, vice commissario regionale della Lega -.

È un patto di ferro
che ha già ottenuto eccellenti risultati alle politiche. Con i
sardisti stiamo già lavorando al programma e da questo poi
dipenderanno le altre alleanze». La Lega ovviamente guarda a destra,
ma, anche alla luce di quello che sta succedendo in Abruzzo, potrebbe
correre da sola. «Sarà Matteo Salvini a indicarci la linea da seguire.
Ma quello che conta sono soprattutto i programmi. È su quello che
verterà la discussione con Forza Italia, Fratelli d'Italia, altre
forze indipendentiste. Se poi le linee non saranno condivise si andrà
da soli. Basta vedere quanto sta accadendo in Abruzzo. Ma, ripeto,
saranno i vertici della Lega a valutare la situazione». Più difficile
un'alleanza con il Movimento 5 stelle, anche dopo il no ribadito dal
candidato-governatore dei grillini, Mario Puddu.

Ma la rivalità in
campagna elettorale non dovrebbe avere ripercussioni sul patto di
governo. Di questo Giagoni ne è convinto. «Il contratto tra Salvini e
Di Maio è su alcuni punti importanti e non credo proprio che le
regionali possano causare una spaccatura nella maggioranza di governo.
Anche perché parlando con la gente nei mercati, nelle piazze mi sto
rendendo conto che verso l'esecutivo gialloverde c'è molta
soddisfazione. Chi non ci ha votato a marzo dice che oggi ci
voterebbe». A marzo Giagoni non è entrato in Parlamento per un soffio,
e proprio per questo ha presentato due ricorsi. «La giunta per le
elezioni si è insediata una ventina di giorni fa e dovrà esaminarne
almeno una cinquantina». (al.pi.)

Unione Sarda

Il giallo delle coalizioni Verso il voto: tramonta il tempo del bipolarismo
Il gelo Lega-Forza Italia aumenta le incognite. Pd in cerca di alleanze

Le coalizioni diventano sempre di più un'icona sbiadita, difficile da
declinare rispetto al presente e in affanno agli occhi dell'elettorato
più orientato verso il singolo partito.
In questo scenario, una parte della politica sarda è costretta a
muoversi con i piedi di piombo e affrontare un passaggio ulteriore che
è proprio quello della costruzione di un'eventuale coalizione.
NUOVA FASE Il governo Lega-Movimento 5 Stelle ha contribuito ad
accelerare l'agonia delle coalizioni.

Il consenso aumenta, anche se
per dare vita al contratto di governo, il Carroccio abbia abbandonato
la casa madre del centrodestra e i pentastellati abbiano rinunciato al
principio di governare in solitudine. Non c'è stato un effetto
negativo nell'elettorato che, soprattutto nel caso della Lega,
sostiene il partito, dimenticandosi la coalizione. Questo significa
che nessuna alleanza è scontata, tantomeno in Sardegna dove proprio il
centrodestra aspetta segnali dal Carroccio che ha come unica certezza
il sodalizio con il Psd'Az. Lo stesso Eugenio Zoffili, coordinatore
della Lega nell'Isola, ha sempre detto che «non ci sono ancora
certezze sulla coalizione».

CONSUETUDINE C'è da dire, però, che gran parte della classe politica
attuale è cresciuta con il bipolarismo nel proprio Dna. Ragionare in
maniera differente non è semplice, tanto che ogni ipotesi alternativa
rimane sempre nell'alveo della suggestione senza essere mai
concretizzata.

LA RINCORSA Il prezzo da pagare, soprattutto per chi in questo momento
non ha la certezza di un grande consenso, è il ritardo nella corsa
alle regionali. Forza Italia si concentra soprattutto sul rinnovamento
tendendo la mano al mondo degli amministratori. Il lavoro del vice
coordinatore regionale, Ivan Piras, punta a «una nuova generazione che
guidi il rinnovamento». La discesa in campo di Sardegna Venti20, lista
strutturata solo ed esclusivamente sul civismo, è il segnale che non
c'è più paura di appendere le casacche storiche.

IL TENTATIVO Nel centrosinistra, la tesi sul ritorno del partito
rispetto alla coalizione ha un effetto contrario. A farne le spese in
questo momento è il Pd, sempre meno corteggiato dagli alleati storici.
Eppure il neo segretario Emanuele Cani, ha ribadito che «il nostro
lavoro è rendere il progetto del partito appetibile proprio per la
costruzione della coalizione». Dall'alleanza si è smarcato ormai il
Partito dei sardi, concentrato sul progetto di convergenza nazionale
che spacca proprio i vecchi schemi. I partiti della sinistra faticano
a dare subito l'adesione, ma soprattutto dopo anni di egemonia dem,
non riconoscono più al Pd il comando della coalizione. L'unica forza
senza dubbi è Campo progressista che, oltre puntare su Massimo Zedda
per la Regione, sta lavorando per un ampliamento importante del
centrosinistra, per dare al sindaco di Cagliari una base solida che
attualmente non esiste.

IN PISTA Tutti questi ragionamenti si fermano fuori dall'uscio del
Movimento 5 Stelle che ha fatto della corsa in solitaria una sua
peculiarità. I pentastellati hanno già scelto con le regionarie Mario
Puddu per la corsa verso Villa Devoto e i candidati consiglieri. Un
vantaggio non da poco rispetto alle altre forze politiche condizionate
maggiormente proprio dall'appartenenza ideale a una coalizione.
Matteo Sau

La legge elettorale e i calcoli dei partiti

La legge elettorale ha un'importanza fondamentale nella definizione
dello scacchiere per le prossime regionali. Quella sarda prende spunto
proprio dallo schema di centrodestra e centrosinistra. Le coalizioni,
infatti, hanno una soglia di sbarramento pari al 10%, mentre per le
forze politiche che si presentano da sole la soglia è al 5%. Significa
che i piccoli partiti sono portati a scegliere di far parte di uno
schieramento per sperare di raggiungere il quoziente e magari piazzare
un proprio consigliere regionale.

Non solo, quelli che viaggiano tra l'1 e il 3% potrebbero essere
determinanti nella conta dei voti per la vittoria. Chi deciderà di
fare coalizioni alternative dovrà mettere in conto che il 10% era
stato deciso pensando comunque a Forza Italia, da una parte, e Partito
democratico, dall'altra, come capofila. Sdoganarsi da questo schema
significa mettere in conto il limite del 10% che mediamente significa
raggiungere almeno 70 mila voti di coalizione e non del candidato
presidente.

Nello scenario attuale l'unico partito che per ora ha la
certezza di presentarsi da solo (salvo sorprese dell'ultima ora) è il
Movimento 5 Stelle che, stando ai risultati delle ultime elezioni
politiche, non dovrebbe avere problemi a superare il 5%. È bene
ricordare che nel 2019 anche per le regionali si voterà con la doppia
preferenza di genere e le liste dovranno essere composte in parità tra
uomini e donne. (m. s.)

Truzzu: il centrodestra riprenda il dialogo con giovani e imprese
Il consigliere regionale di Fratelli d'Italia traccia la sua linea per
rilanciare il centrodestra «Con facce nuove si può vincere»

La «rivoluzione generazionale» è l'unica medicina in grado di curare i
mali del centrodestra. Paolo Truzzu, coordinatore regionale di
Fratelli d'Italia, non ha dubbi sul futuro del partito che sposa la
campagna del cambiamento: «Non si può affidare nuovamente il futuro di
tanti giovani sardi a chi, finora, non è stato in grado di
assicurarglielo».

Esiste ancora il centrodestra?
«Io penso di sì, ma dobbiamo immaginarlo diverso rispetto agli ultimi anni».
A casa tutti i sessantenni?
«La rivoluzione generazionale non è solo un fattore anagrafico. Serve
un cambiamento radicale di modalità e persone».

L'obiettivo è dare spazio a chi è stato dietro le quinte?
«Di sicuro c'è tanta gente, a cui non è stata data nessuna opportunità
perché respinta dalle classi dirigenti dei partiti».
Il rinnovamento sarà sufficiente a vincere le regionali?
«Tanti cittadini non si sentono rappresentati da un certa politica. Ci
sono giovani, artigiani, imprenditori e numerose categorie
dimenticate. Il centrodestra deve riprendere il dialogo con queste
parti di società».

Il lavoro sarà un tema cavalcato da tutte le forze.
«Si ma il centrosinistra fa soltanto politica di assistenza, rendendo
le persone ancora più schiave. Basta pensare al piano Lavoras, un
mostro burocratico, mentre noi vogliamo creare lavoro in maniera
virtuosa. C'è un popolo che non si sente rappresentato dall'élite che
ha creato questa situazione».

L'élite c'è anche nel centrodestra?
«Forse sì. Io sicuramente non la rappresento e nemmeno Fratelli d'Italia».
Sarete saldamente nella coalizione?
«Sì, anche perché siamo l'unico partito che non l'ha mai abbandonata».
In base alla situazione attuale, cambieranno gli equilibri interni?
«Sono aspetti determinati dal risultato delle elezioni. Chi ha più
voti pesa di più. Poi, sta a ogni partito la capacità di proporre
sfide e temi all'alleanza e noi lavoriamo su questo».

Sosterrebbe un candidato della Lega?
«Non è importante l'appartenenza politica. Serve una persona di
rottura, in grado di cancellare clientele e assistenzialismo di questi
anni».

Salvini ha detto che la Sardegna ha sfruttato male lo Statuto. È così?
«Non ha detto niente di nuovo visto che lo pensa l'80% dei sardi. Mi
sorprende la levata di scudi del centrosinistra che dimentica gli
accordi firmati da Pigliaru e Paci con Padoan, mentre il Trentino
imponeva il tetto agli accantonamenti. Dunque, Salvini ha ragione».

Lei ha ipotizzato anche una corsa solitaria di Fratelli d'Italia.
«È messo in conto. Noi vogliamo vincere e lavorare per il futuro dei
tanti sardi costretti ad andare via. Vogliamo dare un'opportunità a
tutti per potersi affermare. Per farlo servono delle condizioni, ma se
non dovessero esserci ci presenteremo per conto nostro».

Quanto è importante il rapporto tra istituzione e territorio?
«Fondamentale, perché il confronto con i cittadini è quello per cui
siamo stati eletti. Come dimostra il lavoro fatto in questi anni in
Consiglio regionale e alla Camera».

In quel caso sarà lei il candidato presidente?
«Non lo so, la scelta spetta al coordinamento regionale. Potrei essere
uno dei nomi ma non ci sono solo io».

La destra è Fratelli d'Italia o la Lega?
«Io mi considero di destra e il mio partito è presente su temi come
lavoro, migranti, famiglia, sicurezza, legalità e meritocrazia. Se poi
questi valori sono condivisi anche dalla Lega non può che far
piacere».

La vostra destra sta cercando di riappropriarsi di temi come cultura e
arte spesso appannaggio della sinistra.
«Sono settori occupati in maniera militaresca negli anni '70. Ma c'è
tanta gente a destra che sa fare cultura, di sicuro in maniera più libera».

Promuoverebbe uno spettacolo su Gramsci?
«Perché no? Però anche Gramsci dell'ultimo periodo, quello che piace
meno alla sinistra per le sue posizioni critiche verso il Partito
comunista».

Matteo Sau

COMUNE.
Cosa succede se Zedda lascia Ecco i nomi degli aspiranti sindaco in
caso di voto anticipato
Nel 2019 potrebbe puntare sulla candidatura alla presidenza della Regione

Il mandato da sindaco di Massimo Zedda termina nel 2021. Sono passati
2645 giorni da quando nel maggio 2011 ha vinto il ballottaggio e
festeggiato la conquista di palazzo Bacaredda col coro “Emilio, dacci
le chiavi”.

Indossata la fascia tricolore Zedda si era dimesso da consigliere
regionale, pochi mesi prima di maturare il vitalizio, e ora potrebbe
fare il percorso inverso. In un mandato e mezzo da sindaco ha portato
avanti diversi interventi e l'avvicinarsi delle elezioni regionali
coincide con l'ultima parte del doppio incarico, quella che si rivela
sempre priva di stimoli per i sindaci che non possono ricandidarsi.

Lui non scioglie le riserve, ma nel centrosinistra sono in tanti a
spingere per una candidatura di Zedda come presidente della Regione.
Da sindaco è incompatibile, ma non è ineleggibile: in pratica,
potrebbe candidarsi restando alla guida del Comune per poi
eventualmente dimettersi. Ma una sua discesa in campo per la conquista
di Villa Devoto potrebbe comunque segnare la fine della sua esperienza
da primo cittadino e le forze politiche, impegnate nella difficile
corsa verso le Regionali, devono già ipotizzare un ritorno anticipato
alle urne nel capoluogo.

CENTROSINISTRA Sono tanti i nomi che circolano come possibili
successori del sindaco di Cagliari. Nell'area politica più vicina a
Zedda c'è l'assessora all'Urbanistica Francesca Ghirra , da molti
indicata come erede designata, ma la fascia tricolore potrebbe piacere
anche al consigliere regionale Francesco Agus . Tra le varie anime del
Partito democratico ci sono molti nomi da spendere, come quello del
consigliere regionale Piero Comandini - che un pensiero sulla
candidatura l'ha già fatto in passato - e c'è il capogruppo Dem in
Consiglio comunale e vicesindaco metropolitano Fabrizio Rodin .

Un'altra figura emergente è quella di Danilo Fadda , che sta ben
figurando da assessore al Personale e agli Affari generali, mentre
gode di consensi anche il nuovo assessore ai Lavori pubblici Maurizio
Chessa e sono in ascesa le quotazioni di Chiara Cortese , rimasta
nello staff di Zedda dopo essere stata a un passo dall'ingresso in Giunta.

CENTRODESTRA Anche sul versante del centrodestra regna l'incertezza.
Dopo anni di predominio di Forza Italia, gli azzurri sono in crisi ed
è cominciata la corsa ad abbandonare la nave che porterà a cambi di
casacca e nascita di liste civiche. Se le Regionali dovessero
confermare il sorpasso di Psd'Az-Lega e Fratelli d'Italia nei
confronti del partito di Berlusconi diventerebbe difficile per gli
azzurri proporre un candidato sindaco.

Anche nel centrodestra c'è
l'ipotesi di puntare su una donna, e la più quotata potrebbe essere la
consigliera regionale Alessandra Zedda , già assessora comunale con
Emilio Floris e regionale con Ugo Cappellacci. L'ex sindaco sta
sponsorizzando il movimento Sardegna 20venti di Stefano Tunis , che
potrebbe candidarsi come presidente della Regione ma non è escluso che
possa poi puntare al dopo Zedda.

Dopo gli errori del 2016, con le divisioni interne di Forza Italia che
hanno dato un contributo determinante alla sconfitta di Piergiorgio
Massidda, potrebbe riprendere la strada verso la candidatura Giuseppe
Farris , che ha guidato l'opposizione durante il primo mandato di Zedda.

Un altro azzurro che sogna di conquistare il Municipio è il
consigliere regionale Edoardo Tocco e potrebbe tentare il grande salto
anche il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Stefano
Schirru ma vorrebbe fare il sindaco anche il compagno di
bancoAlessandro Balletto . Ma c'è chi sta cercando un nome nuovo da
proporre come sindaco. Per non puntare sui soliti nomi, si guarda alla
cosiddetta società civile e un nome che circola, per la presidenza
della Regione e per il Comune, è quello del leader di Confindustria
Alberto Scanu.

Sul versante di Fratelli d'Italia c'è il consigliere regionale e
coordinatore Paolo Truzzu e il consigliere comunale e coordinatore
cittadino Pierluigi Mannino , ma anche in questo caso ogni scelta
potrà arrivare solo dopo lo spoglio delle Regionali.

Dopo la sconfitta di Massimo Fantola nel 2011, nel 2016 Pierpaolo
Vargiu aveva deciso di candidarsi per poi fare un passo indietro e ora
potrebbe arrivare il suo momento. Per i Riformatori in prima linea ci
potrebbero essere anche i due attuali consiglieri comunaliGiorgio
Angius e Raffaele Onnis

PSD'AZ-LEGA Più difficile fare i conti in casa Quattro Mori. Con la
Lega al Governo e la costante espansione dei sardisti nell'Isola, da
più parti nel centrodestra continuerà la corsa a salire sul Carroccio.
Chi non nasconde il suo sogno di diventare sindaco è il segretario
cittadino Gianni Chessa ma il nome forte potrebbe essere quello del
commissario provinciale Christian Stevelli , molto vicino all'omonimo
senatore e segretario nazionale Solinas.

MOVIMENTO CINQUE STELLE Dovranno trovare una sintesi con le loro
procedure virtuali gli iscritti al M5S. Alle scorse Amministrative si
stavano presentando con due liste e due candidati sindaco, ma la
squadra di Emilio Floris (omonimo del senatore azzurro) era stata
messa da parte e il Movimento aveva puntato su Antonietta Martinez.
Con quella tornata elettorale in Consiglio era entrato anche Pino
Calledda e l'astronomo a cinque stelle sta studiando da sindaco. Una
strada che potrebbe essere tentata anche dall'ex senatore Roberto
Cotti.
Marcello Zasso


L'Isola di Grillo e Berlusconi
Il leader del M5S scherza sulla spiaggia. Il Cav a pranzo con Briatore

Vacanze vip in Sardegna documentate sui social. Beppe Grillo “inventa”
uno dei suoi sketch in spiaggia e pubblica il video, mentre Silvio
Berlusconi appare in una foto postata dal suo amico Flavio Briatore,
insieme con l'imprenditore francese Martin Bouygues.
IL GARANTE DEL M5S Beppe Grillo, che trascorre le sue vacanze
nell'Isola, ieri si trovava nell'affollata spiaggia di Costa
Corallina, a sud di Olbia, davanti a Tavolara.

Lui è seduto su una
sdraio sotto un ombrellone e vende, per 1 euro, un pezzetto di ombra.
Un ragazzo corre - evidentemente si sta ustionando i piedi sulla
sabbia bollente - raggiunge l'attore, gli dà la moneta e sosta qualche
secondo. Poi gli stringe la mano e divertito corre via. Il video è
stato postato sulla pagina Facebook di Grillo, ieri in tarda serata
aveva quasi 400mila visualizzazioni e oltre 1200 commenti, con persone
che plaudono alla sua ennesima curiosa trovata (senza peraltro
comprendere il senso, dato che lui non si è espresso in merito) e
altre che scherzano dicendogli che sta incassando soldi in nero, un
“servizio” balneare senza il rilascio del relativo scontrino fiscale.

IL CAVALIERE Silvio Berlusconi in questi giorni è a Villa Certosa, la
splendida dimora che affaccia sul mare di Porto Rotondo, una delle sue
case più amate, dove venerdì scorso ha festeggiato i 52 anni della
primogenita Marina, insieme con i nipoti e gli amici.

Flavio Briatore
- che il 10 agosto ha festeggiato i vent'anni del suo locale
“Billionaire” a Porto Cervo - ha postato su Twitter una foto con a
corredo il “cinguettio”: «Lunch con Silvio Berlusconi molto in forma e
Martin Bouygues #villacertosa #sardegna». Uno scatto fatto nel parco
della residenza, che immortala una scena di amicizia e goliardia, con
il Cav in completo bianco e molto sorridente. Bouygues è
l'amministratore delegato dell'azienda di famiglia, la Bouygues, uno
dei più importanti gruppi industriali di Francia, che ha tra le sue
attività anche una società di produzione cinematografica.

La Nuova 13 agosto 2018


Tajani parla di strada sbagliata e chiede a Salvini di cambiare rotta:
«Dividerci farà vincere Pd e M5s. «Il centrodestra è una categoria dello spirito» dice Giorgetti che teme presto un attacco speculativ Il "grande freddo" tra Lega e FI Dall'Abruzzo alla Rai, è scontro di Serenella Mattera
ROMA

Strappi continui. Tensione costante, avvertimenti reciproci. E,
sottotraccia, il tentativo di non rompere davvero. Procede così il
bollente ferragosto del centrodestra. Sulle regionali in Abruzzo (ma
anche in Basilicata e Trentino Alto Adige) pende la minaccia della
Lega di correre da sola. Sul grattacapo Rai, pesano le condizioni
poste da Forza Italia sul nome di Marcello Foa. Gli azzurri sperano
che la partita della prossima legge di bilancio scavi un solco nel
governo gialloverde: Salvini «chiuda» con il M5s, è l'appello di
Antonio Tajani.

Ma la Lega, con un dirigente autorevole come Giancarlo
Giorgetti, avverte che il governo avrà vita «non breve» e che sulle
alleanze nulla è scontato, anche perché ormai «il centrodestra è una
categoria dello spirito». Il sottosegretario, plenipotenziario di
Salvini a Palazzo Chigi, in un'intervista ferragostana torna a
paventare, per fine mese, un attacco speculativo contro l'Italia, come
quello che subì «sette anni fa il governo Berlusconi». È in corso
inoltre, afferma, una battaglia permanente dell'Ue contro l'esecutivo
perché l'esperienza M5s-Lega rischia di alimentare i populismi in Ue.

Ma la manovra, assicura Giorgetti, si farà e avrà dentro un po' di
flat tax, un po' di reddito di cittadinanza e un ritocco alla legge
Fornero: se ci sono state tensioni con Giovanni Tria (si rincorrono
voci sull'ipotesi che venga sostituito) è perché il ministro
dell'Economia «deve ancora calibrarsi» ed è «andato oltre» - dice
Giorgetti - il suo ruolo. Tutto bene (salvo fattori «esterni») sul
fronte gialloverde, insomma, nel racconto del dirigente leghista. Se
problemi ci sono, sono sul versante Forza Italia. C'è «freddino»,
riconosce. La vicenda Rai ha lasciato scorie.

La Lega sembra
determinata a settembre a insistere sul nome di Foa per la presidenza.
E Tajani non chiude: «Su Foa non c'è stato un problema legato alla
persona, ma solo al metodo». Ma quali siano gli esiti del confronto è
a tutt'oggi un'incognita. Anche perché intanto Salvini ha aperto un
altro fronte, in vista delle regionali. La Lega corre da sola? «Allora
anche noi: basta veti», dice FI dall'Abruzzo. È ancora Giorgetti,
però, a lasciare aperto uno spiraglio: «La decisione finale spetta a
Salvini e per esigenze superiori i dirigenti leghisti abruzzesi
potrebbero essere costretti ad allearsi con gli azzurri». «Il
centrodestra vince se unito, dividerci vorrebbe dire far vincere Pd e
M5s», replica Tajani.

«Salvini dimostri di saper guidare e tutelare il
centrodestra», è l'appello da Fdi di Guido Crosetto. Ma il sospetto
degli azzurri è che al fondo la Lega voglia replicare anche sui
territori una forma di alleanza con i pentastellati. L'obiettivo
proclamato dalla Lega è guidare il centrodestra con una «nuova
formula»: «Fdi ci segue, FI e i suoi colonnelli no». Da Fi c'è chi, di
sponda, sostiene che il partito dovrebbe rinnovarsi con «congressi
veri». Ma silente Silvio Berlusconi, che è in vacanza in Sardegna, i
berlusconiani rivendicano la loro centralità (a partire - ricorda
Michaela Biancofiore - da territori come l'Alto Adige dove si paventa
un'alleanza Lega-Svp).
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Federico Marini
skype: federico1970ca

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