giovedì 2 agosto 2018

«La certezza della pena in questo Paese è quella che provano le vittime e i loro familiari». (cit) Ricordando la strage di Bologna. Di Giovannimaria – Mimmia Fresu



Alle 10,25 del 2 agosto di 38 anni fa, mani fasciste, coperte dai servizi segreti, innescarono la bomba nella stazione di Bologna uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200. Fu strage di Stato; 38 anni di attesa di verità, di un movente, dei mandanti e intermediari. Gli unici condannati all'ergastolo come esecutori furono i terroristi neri, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, leader fascisti e fondatori (insiema a Massimo Carminati, Mafia Capitale) dei Nar.

Fioravanti e Mambro, che hanno scontato due mesi di carcere per ogni vittima di quella strage, grazie all'impegno del partito Radicale, di Pannella ed Emma Bonino, ottennero la semilibertà nel 1999 e oggi sono liberi cittadini. Entrambi fanno parte ed operano per l'associazione Radicale "Nessuno tocchi Caino". Di toccare Abele, è evidente, se n'erano occupati prima. Fra le vittime della strage c'era Maria Fresu e la sua bambina, Angela.

Di Maria non è mai stato trovato il corpo, solo frammenti di cose e il suo documento d’identità. Maria era figlia di emigrati sardi, padre e madre con otto figli partiti dal mio paese negli anni ’60 e trasferitisi in Toscana; lontane immagini di persone umili che ancora ricordo. Francesco Cossiga, anche lui sardo, stessa provincia, presidente del Consiglio all'epoca della strage, definì di stampo fascista l'attentato. Nel '91, undici anni dopo, divenuto presidente della Repubblica, volle che l'appellativo, fascista, fosse cancellato da quella frase.

Per ricordare i martiri, senza dimenticare i miserabili.

Di Giovannimaria – Mimmia Fresu

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