martedì 11 ottobre 2016

Del perché Matteo Renzi è, politicamente, sempre un passo avanti rispetto alla minoranza PD


Sui principali quotidiani di oggi, alcuni fini politologi dibattono sull’esito della Direzione PD di ieri. E lo fanno utilizzando la metafora del cerino acceso. Tuttavia, pur a voler leggere con attenzione, non si capisce, dopo ieri, in quali mani sia finito questo cerino: se in quelle della minoranza PD o in quelle di Matteo Renzi. Perché, gli stessi commentatori, non fanno chiarezza.
Vi spiego perché, secondo me, il fiammifero sia da ieri nelle mani degli esponenti di Minoranza. Matteo Renzi si è presentato in direzione ed ha calato il poker: cioè si è detto disponibile a modificare l’Italicum. Sebbene dopo il 4 dicembre prossimo, cioè a referendum chiuso.
A ridisegnare la legge elettorale penserà, da oggi, una apposita commissione istituita dal partito: e di questa commissione potranno far parte due membri indicati dalla minoranza. Ma a Cuperlo non è bastato nemmeno questo, tanto che se la modifica dell’Italicum non avverrà prima del referendum voterà no allo stesso e successivamente si dimetterà da deputato.

Se i calcoli non m’ingannano, mancano una cinquantina di giorni alla tornata referendaria. Che, a conti fatti, non sono sufficienti per modificare l’Italicum prima del voto. Innanzitutto, perché non c’è alcun accordo con le altre forze politiche. Ma, soprattutto, perché in tanti si son dimenticati che (cito Eugenio Scalfari in un suo editoriale del 14 agosto scorso che ho ripescato dagli archivi):

« Il 4 ottobre la Corte Costituzionale risponderà al procuratore di Messina e ai quesiti che quel magistrato ha sottoposto con il consenso del tribunale della sua città. I quesiti sottoposti alla Corte riguardano la legittimità dell'Italicum, la legge elettorale ormai in vigore e pronta ad entrare in uso quando saranno indette le elezioni politiche. Il tribunale di Messina ha presentato quali sono i suoi quesiti: e a quanto possiamo valutare sono del massimo interesse. Il primo riguarda i cosiddetti nominati da ciascuna lista cioè i capi delle liste nelle varie circoscrizioni. La seconda questione riguarda le preferenze le quali apparentemente vengono propagandate dagli interessati come un segno evidente di libertà».


Alla luce di questo, è chiaro come non sia politically correct cambiare l’Italicum prima che si pronunci – il prossimo 4 ottobre - la Corte Costituzionale. E credo che Matteo Renzi questo lo sappia benissimo. A differenza di Cuperlo. In definitiva, la minoranza PD si è messa in un bel pasticcio. Perché, se prima diceva no al referendum senza modificare l’Italicum, dopo ieri ogni variazione alla legge elettorale può essere discussa. E con tanto di Commissione dedicata. Se invece continua – come ha fatto - a dire no al referendum malgrado si sia dimostrato che l’Italicum non è modificabile prima del 4 ottobre, allora, a Cuperlo e compagnia non rimane che dire che voteranno No al referendum per mere questioni di antipatia verso il leader. Insomma, una tragedia.

Enrico Chessa

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