domenica 23 ottobre 2016

Dialogo sui referendum tra Paolo Maninchedda e Claudio Mura.





 


Paolo Maninchedda C’è il referendum ‘parlato’ e c’è il referendum ‘realizzato’. C’è il referendum delle discussioni tra costituzionalisti, quello tutto memoria della lotta partigiana e dei mirabili effetti – tutti da dimostrare – della Costituzione italiana, contrapposto ai discorsi sulla necessità di cambiare, e c’è il referendum anticipato, c’è il referendum dei pratici, dei rapporti di forza sbilanciati dalla partigianeria di Stato per questa o quella impresa, dell’azione sbagliata, prevalente e di vago sapore lobbistico dei vertici del governo italiano sulle terre e le aziende della Sardegna. Cos’è infatti la vicenda del progetto del solare termodinamico di Villasor-Decimoputzu se non un’anticipazione degli effetti della famosa clausola di supremazia dello Stato sulla Regione? 
Ieri l’assessore Donatella Spano e il Direttore generale dell’assessorato dell’ambiente Paola Zinzula hanno partecipato al tavolo convocato dalla Presidenza del Consiglio per la discussione sull’impianto solare termodinamico di Villasor-Decimoputzu presentato dalla società Fluminimannu Limited. Donatella ha dichiarato: «Oggi ho ricordato che la Regione Sardegna ha espresso parere negativo sull’intervento a febbraio 2015, ottobre 2015 e a giugno di quest’anno. Il progetto, che impatta sulle risorse ambientali, non solo è in contrasto con il piano energetico ambientale regionale e con il piano paesaggistico ma anche con le nostre politiche agricole. 
La Giunta sta infatti investendo su prospettive economiche e occupazionali per i sardi e il progetto dell’impianto non va certo in questa direzione. In questi mesi il presidente Pigliaru e la Giunta hanno manifestato una contrarietà al progetto. E sulla stessa linea si è espresso all’unanimità il Consiglio regionale». L’incontro è previsto dalla procedura nei casi di discordanza tra Amministrazioni statali su un parere tecnico istruttorio nell’ambito dell’iter di valutazione ambientale nazionale. 
La Commissione tecnica nazionale aveva fornito un parere positivo sul progetto mentre era stato negativo quello del Ministero dei Beni culturali. Dunque il coinvolgimento della Regione in questa fase nasce dalla fortuita circostanza di un contrasto tra il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dei Beni Culturali, diversamente il Governo avrebbe già proceduto alla dichiarazione di interesse pubblico sul progetto privato e dato il via libera all’esproprio dell’azienda Cualbu. 
Se fosse già vigente il nuovo art.117 della Costituzione, così come disegnato dal Governo Renzi, la prepotenza di Stato che in questi mesi è stata costretta a mostrare fino in fondo la sua intima natura lobbistica, avrebbe potuto procedere anche con la forza del diritto, la forza della prevalenza degli interessi dello Stato italiano, notoriamente e sempre orientati al bene comune come 160 di storia hanno insegnato non essere per niente vero.

Claudio Mura Paolo, sulla parte finale non sono per nulla d'accordo con te. NON è vero che, come scrivi, 'se fosse già vigente il nuovo art.117 della Costituzione, così come disegnato dal Governo Renzi, la prepotenza di Stato che in questi mesi è stata costretta a mostrare fino in fondo la sua intima natura lobbistica, avrebbe potuto procedere anche con la forza del diritto, la forza della prevalenza degli interessi dello Stato italiano, notoriamente e sempre orientati al bene comune come 160 di storia hanno insegnato non essere per niente vero'. 
NON è vero semplicemente perché le modifiche al titolo V della riforma costituzionale che voteremo il 4 dicembre, 'non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome'. 
Il 5 dicembre, se vincerà il Sì, per la Sardegna non cambierà nulla. E dal momento che lo Statuto regionale dovrà essere revisionato a seguito di una INTESA con la Regione, suppongo che le competenze legislative previste ora possano restare tali (sempre che la Regione Sardegna le voglia ancora). Di più, potrà aggiungersene anche qualche altra, se ci saranno le condizioni perché queste possano essere esercitate. Sia al momento di revisione dello Statuto, sia successivamente con la previsione del nuovo Art. 116, comma 3.

Paolo Maninchedda Claudio, mettiamo in ordine le cose. Vediamo quanto la clausola di salvaguardia per le Regioni a Statuto Speciale difenda la Sardegna dalla clausola di supremazia. Tutti i cittadini della Repubblica italiana sono chiamati a esprimersi sul nuovo dettato costituzionale, compresi quelli che risiedono nelle regioni a statuto speciale. Poniamo dunque che vinca il SI ed entri in vigore il nuovo art.117. 
A quel punto la Sardegna dovrebbe negoziare il testo del suo Statuto con un'Intesa con lo Stato. Quale dovrà essere la posizione dello Stato? Quella corroborata dal referendum, che per l'appunto prevederà la clausola di supremazia e l'eliminazione della legislazione concorrente a favore dello Stato. O tu immagini che dopo che il popolo avrà sancito la clausola di supremazia, lo Stato non la farà valere con la Sardegna? 
L'intesa Sardegna-Italia che potrà derivare dal referendum è un'intesa tutta interna all'autonomismo, quindi fortemente lontana dalle mie corde, ma comunque tale da non poter smentire ciò che il popolo ha affermato essere di competenza dello Stato e non delle Regioni. Capisco il tuo orientamento al SI perché è il segno di una volontà di non considerare la Costituzione italiana vigente come una sacra reliquia che non invecchia e che sana qualsiasi cosa tocchi. 
L'istanza di cambiamento che sta dietro il SI è comprensibile, ma puoi consentire a me che sono sempre più indipendentista di non esultare né per le ragioni italiane del SI (Renzi) né per le ragioni italiane del NO (D'Alema) e di essere molto preoccupato per i rischi che comunque corre la mia terra che sento e amo come Patria? Il mio Partito sta elaborando un documento articolato su questa schifezza di referendum, nel quale si cercherà di costruire e di divulgare una posizione nostra, alimentata dall'idea di uno Stato Sardo piuttosto che dall'inerzia dell'abitudine a pensare la Sardegna come una regione italiana.

Claudio Mura Io sono tra coloro che, partendo dall'analisi del contesto politico e istituzionale attuale e conoscendo l'origine di alcune decisioni che dal '48 ad oggi hanno contribuito a generare problemi al sistema italiano (piuttosto che aiutare a trovare delle soluzioni), considera questa riforma migliorativa dello status quo (vanno secondo me in questa direzione le decisioni sul Senato, sulla sola fiducia della Camera, sui limiti della decretazione di urgenza, ecc. ecc.). 
Credo però allo stesso tempo che ci siano cose buone e meno buone, frutto della mediazione che è stata possibile in questo Parlamento. Nel suo complesso, la riforma del titolo V correggerà alcune evidenti storture, che sono tali anche se le guardo da Bologna, sapendo che qui in Emilia-Romagna, più che in altri regioni (non solo tra quelle ordinarie), si è riusciti a mantenere uno standard sopra la media. 
Il nuovo titolo V ha il merito di riaccentrare alcune competenze che, dal punto di vista nazionale, hanno più senso che stiano in capo allo Stato (capisco che tu non condivida questo passaggio, che rappresenta forse la discriminante per una valutazione positiva o negativa dell'intero impianto di riforma). 
Penso alle politiche sociali e del lavoro, temi su cui ho maggiore confidenza, o alle grandi reti o altre materie per le quali sia la cosiddetta 'sussidarietà legislativa' sia i riferimenti già presenti in quasi tutti gli statuti regionali (compresi quello sardo) hanno consentito alla Corte, nell'ultimo decennio, di dare spesso ragione allo Stato. Come si collocano le Regioni a statuto speciale in questo discorso? 
Non contesto la tua posizione indipendentista, ma non concordo sul merito specifico del titolo V. Per la fase transitoria (che vedremo quanto durerà) siamo d'accordo entrambi. Il 5 dicembre per la Regione Sardegna non cambierà nulla. Io vedo l'intesa per la revisione dello statuto ed il nuovo titolo V come una finestra di opportunità, non come una minaccia. 
La tua visione è opposta alla mia, basata su un rapporto totalmente conflittuale Stato-Regione. Io credo che sarebbe salutare per l'intero sistema, riportare dentro una dialettica politica e parlamentare un conflitto che oggi si affronta solo davanti ai giudici costituzionali. Nell'intesa con cui si 'revisionerà' lo Statuto, io credo, che ci saranno gli spazi per confermare le competenze attualmente assegnate alla Sardegna (forse anche aprire nuovi spazi). Questo è però un film da scrivere e dipenderà dalla capacità della classe politica sarda e nazionale la qualità del risultato finale. 
È chiaro, che una volta superata la fase transitoria, anche la clausola di supremazia potrà coinvolgere le regioni a statuto speciale. Ma l'attivazione di tale clausola non sarà per nulla scontata, implicherà un intervento del Senato (dove sarà rappresentata la Sardegna e le altre regioni a statuto speciale) e dovrà essere approvata dalla Camera, eventualmente con maggioranza assoluta nel caso non condivida le modifiche proposte dalle autonomie locali (e non vedo all'orizzonte partiti o maggioranze così granitiche e omogenee da essere impermeabili a ragionamenti e conflitti su questioni specifiche).


Paolo Maninchedda Claudio, capisco l'impostazione ma non condivido l'obiettivo e non per questo sono conflittuale. Tu vedi nel rafforzamento delle competenze esclusive dello Stato un grande passo in avanti; io invece vi vedo un grande passo indietro, il ritorno allo schema dello Stato Nazionale che fu la vera tara della Costituente italiana, come bene intuì Spinelli e con lui tutto il mondo federalista dei liberali-azionisti di sinistra. 
La storia, recente e passata, del confronto tra la Sardegna e lo Stato è una storia di inibizioni (quelle dei sardi educati a non pensare di poter esercitare una piena e esclusiva sovranità) e di incredibili slealtà istituzionali (se vuoi li elenco, ma so che li conosci) da parte dello Stato italiano (dal fisco alle compartecipazioni, dalla convenzione Tirrenia alle tasse aeroportuali, dai poligoni militari alle eccezioni riservate agli amici sul VIA nazionale, dalle strade statali pagate con i fondi regionali agli accantonamenti illegittimi ecc. ecc.). Resta chiaro che qualsiasi intesa dovesse realizzarsi con uno Stato italiano più centralista e, secondo te, più efficiente, secondo me molto più autoritario e burocratico, non potrà essere di vantaggio per la Sardegna. Detto questo, io non sono in una banale logica di scontro con l'Italia su questo banale referendum politico. Io sono in contrasto con l'Italia sul futuro, sul modo di vedere la cittadinanza, i diritti, la libertà, la ricchezza
Sono però più concentrato sulla politica interna, in una logica di costruzione del consenso tra i sardi. Quando noi avremo una maggioritaria coscienza nazionale, allora il confronto politico con l'Italia avrà le stesse caratteristiche di quello di più di mezzo secolo fa tra l'India e la Gran Bretagna. 
E vinceremo noi, costruiremo uno stato fondato sulla libertà, sul diritto e sulla giustizia, non sul lavoro (manco fossimo una fabbrica), uno Stato libertario che non odia la ricchezza e che combatte la povertà, che ha un fisco giusto e flessibile, che sarà europeo, poliglotta e non bigotto. Adesso ti lascio: sto lavorando. 

Claudio Mura Buon lavoro Paolo! 

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