lunedì 17 ottobre 2016

Quando il pugno smette di essere pugno.

Io sinceramente non comprendo l'atteggiamento di persone come D'Alema, Marini, Cuperlo. Quando militavo in Rifondazione, avevamo una maggioranza, e delle minoranze, tanto a livello regionale che a livello nazionale. Io facevo parte dell'area Bertinotti, la maggioranza, ma mai ricordo delle esternazioni pubbliche da parte delle minoranze, contro il segretario o la linea di Partito. La si criticava nella assemblee, in modo sin troppo duro, ci si faceva ripicche poco simpatiche, ma tutto restava sommerso dalla priorità che all'esterno non trapelasse nulla. Quando la mia area propose Luciano Uras come candidato alle regionali, io mi rifiutai di fargli campagna elettorale, cercavo scuse, ma non mettevo in discussione le decisioni anche della maggioranza della mia area. Se non mi andavano bene, non vi prendevo parte.

Questa si chiama disciplina di partito, non è asservimento. Se lo fai perché ti danno dei soldi, oppure per qualsiasi favore ti abbiano fatto, è un altro discorso (quella si chiama prostituzione intellettuale). Tuttavia, se tu scegli di stare in un qualsiasi partito, perché credi fortemente nei suoi progetti od ideali, devi mandare giù bocconi amari, spesso molto amari. Ci hanno sempre insegnato che un dito da solo non serve a molto, viene spezzato. Tuttavia, insieme alle altre dita, forma un pugno, che può fare male.

Se le correnti di pensiero si trasformano in dita (sempre per utilizzare questa metafora) il partito perde la sua forza, si disperde, non può più incidere nella vita istituzionale e sociale. Questo vale per qualsiasi Partito politico, movimento, comitato o associazione.

D'Alema lavora contro il suo partito, Cuperlo indebolisce ogni giorno il suo partito, Bersani gli fa perdere credibilità. Io non mi preoccupo, del resto, ho smesso di militare da tempo, e sono distante dalle posizioni politiche di Renzi e del PD. Tuttavia, se in un Partito non c'è la disciplina, non è un Partito. E' una consorteria dove la guerra tra bande è all’ordine del giorno, piccole battaglie di potere mascherate da posizioni politiche.

Vincenzo Maria D'Ascanio.

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