giovedì 13 ottobre 2016

News. 1) Una giornata di full immersion nell’isola per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti 2) Unione Sarda Cambio al vertice dell'associazione dopo l'addio di Fabio Meloni, 3) Cuperlo: «Il nostro Pd vive momenti difficili»


LA NUOVA



SASSARI
Una giornata di full immersion nell’isola per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. Lui che in Sardegna è di casa, da sempre trascorre le sue vacanze in Gallura, porta le ragioni del sì al referendum, ma non si nasconde davanti alle emergenze dell’isola. Il fulcro della riforma è la fine del bicameralismo perfetto. Quali vantaggi avrà il Paese? E la Sardegna? «Dietro alla definizione “bicameralismo perfetto” - che può sembrare tecnica - c’è una cosa molto concreta: oggi, una legge per essere approvata può impiegare anni, fino a che Camera e Senato non hanno dato l’ok allo stesso testo, identico, virgola per virgola. O modificato in un rimpallo infinito. Questo ping pong aiuta a non decidere, a non cambiare. Il Senato con la riforma non scompare, avrà una funzione diversa, fondamentale: fare da raccordo tra Stato e Regioni. Questo sarà molto importante per Regioni come la Sardegna. La riforma lascia intatte le competenze delle Regioni a statuto speciale, grazie alla clausola di salvaguardia della specialità che dispone la non applicazione delle modifiche fino alla revisione degli statuti. L’opportunità maggiore per le Regioni a Statuto Speciale è la riscrittura della propria Costituzione senza il timore di perdere le proprie competenze». I detrattori della riforma parlano di un Senato elettivo sostituito da un Senato di nominati. Cosa c'è di vero in questa affermazione? «Un bel niente. I senatori saranno scelti all’interno dei consiglieri regionali, che vengono eletti e votati con le preferenze». In Sardegna gli indipendentisti sono compatti sul No perché sarebbe a rischio l'autonomia della Regione. Hanno ragione? «Rispetto le posizioni degli indipendentisti, ma non vedo come possa essere messa a rischio l’autonomia della Sardegna o di qualsiasi altra Regione. E l’iniziativa di oggi a Sassari darà risposte concrete anche su questo punto». In Sardegna il Pd è tormentato da una lotta tra le sue diverse anime. Un disaccordo tanto profondo che è stato necessario inviare un garante da Roma. Teme che questa spaccatura possa pesare sugli equilibri della maggioranza che guida la Regione e anche sull’esito del referendum? «Conosco la situazione del Pd sardo. È un partito vero, vivo, partecipato, pieno di persone di grande spessore e di grande valore. Sono sicuro che, anche con l’aiuto del garante, si
riuscirà presto a ritrovare l’equilibrio. Ma quello che e’ più importante è che ci sia un lavoro, unitario, per il Sì». Nell’isola il tasso di disoccupazione giovanile supera il 56 per cento. È tra le prime dieci regioni d’Europa. Cosa intende fare il governo? «La disoccupazione giovanile è un problema serio, in Sardegna come, purtroppo anche altrove, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Noi la stiamo contrastando con strumenti concreti: il jobs act, soprattutto, insieme agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato e agli sgravi fiscali alle imprese. Vogliamo però fare di più: vogliamo che l’Italia, e anche la Sardegna, tornino a essere un’attrazione per chi vuole investire. Per fare questo serve costruire un Paese più forte e più stabile. Con la Riforma costituzionale abbiamo una grande occasione. In ogni caso, gli interventi del Governo, da questo punto di vista, hanno già generato un miglioramento dell'occupazione, anche nell'isola. 


Si pensi al programma Garanzia Giovani, su cui il Governo ha investito oltre un miliardo di euro, che in Sardegna ha preso in carico più di 30mila giovani. L’ultimo report della Commissione Europea risale a pochi giorni fa e ci dice, dati alla mano, che ha rappresentato un’opportunità per gli iscritti al
programma. Si tratta di un approccio innovativo che va reso strutturale nel tempo». Il Patto per la Sardegna è stato siglato poche settimane fa. Quali saranno i primi interventi del governo che saranno attuati? «Il patto vale complessivamente 3 Miliardi. Sugli interventi sarà il governo della Regione a definire la priorità di realizzazione. Per la mobilità sono disponibili 625 milioni fra ferrovie e strade, a cui si aggiungono i 120 milioni della continuità territoriale aerea; 400 milioni finanzieranno la metanizzazione nell’isola, più le risorse per i collegamenti dei bacini e la distribuzione del gas naturale a condizioni analoghe alle altre Regioni; 195 milioni sono destinati alle infrastrutture sanitarie, 140 a Scuola e Università, 285 al sistema idrico, 180 ad ambiente, bonifiche e dissesto idrogeologico,292 milioni allo sviluppo economico e produttivo, 50 a turismo e cultura, 45 agli mammortizzatori sociali». La Sardegna è vittima di un fenomeno che rischia di farla sparire. Un fenomeno doppio: lo spopolamento delle zone interne dell’isola e la fuga dei giovani fuori dall’isola alla ricerca di un lavoro. Il governo fino a oggi non ha messo in campo nessuna pratica per contrastare questo fenomeno. «Non sono d’accordo. Tutti gli investimenti fatti in Sardegna, ogni euro che viene speso per quest’isola va in questa direzione. I 3 miliardi del patto servono a creare lavoro, infrastrutture, ricerca: cioè le condizioni per lo sviluppo della Sardegna. Ma entriamo nello specifico. Per quanto riguarda le zone interne, nel Patto per la Sardegna abbiamo concordato per la prima volta un intervento di 150 milioni per contrastare il fenomeno dello spopolamento. È un lavoro nel quale è essenziale il ruolo delle comunità locali che avranno risorse per programmare il loro futuro. Questo senza contare le centinaia di milioni che dedicheremo al rafforzamento strutturale delle scuole ed al miglioramento della viabilità interna. Va anche detto che occorre incoraggiare e accompagnare alcune tendenze, come quella che pone l'isola al secondo posto in Italia per la mole di investimenti ricevuti nel settore delle imprese innovative e dellestart up». Torniamo sul referendum: in caso di sconfitta al referendum
cosa potrebbe succedere il 5 dicembre? «La cosa peggiore: nulla. Chetutto rimanga come prima, che si perda una clamorosa occasione di cambiamento e di sviluppo per il paese». (l.roj)

Unione Sarda

Lotti e Pigliaru oggi a Sassari a sostegno del Sì

A poco più di un mese e mezzo dal referendum costituzionale, si scaldano i motori e si moltiplicano gli appuntamenti per la grande campagna. Oggi a Sassari ci sarà il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti. Appuntamento alle 18 alla Camera di commercio, in via Roma 74, per un incontro promosso dal Comitato per il Sì di Sassari, al quale parteciperanno anche il presidente della Regione Francesco Pigliaru, il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau, Carla Bassu, docente di diritto pubblico comparato. Giovanna Sanna e Giuseppe Luigi Cucca, deputata e senatore Pd, approfondiranno le ragioni del voto favorevole in sede parlamentare. Ci saranno, inoltre, Giampiero Cordedda, segretario provinciale del Pd e Gianluca Giordo, presidente del Comitato per il Sì di Sassari. Conclusioni a cura del sottosegretario Lotti. Domani, sempre a Sassari, alle 17, nel Palazzo della Provincia in piazza d'Italia, si terrà uincontro-dibattito sul tema “Le ragioni del no”, illustrate da Omar Chessa, ordinario di dirittocostituzionale. 

L'iniziativa è dell'Anpi di Sassari. Domani a Cagliari, alle 18.30 alla Fondazione Berlinguer (via Emilia 59) ci sarà un incontro organizzato dal partito Possibile in collaborazione con il comitato Domani l'Anpi di Cagliari, in collaborazione con La Cernita Teatro di Carbonia organizza nell'Hostel Marina (scalette San Sepolcro, ore 20.30) lo spettacolo “Ventuno” Storie di migrazione tra ieri e oggi, di e con Monica Porcedda, inserito all'interno della campagna referendaria del Comitato per il No.

Ancora domani, alle 18 a Olbia al Centro convegni Blue Marine, ci sarà un incontro a sostegno del Sì organizzato dall'Associazione Sardegna Europa, con Renato Soru, i deputati Pd Francesco Sanna e Giampiero Scanu, il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda.

Unione Sarda

Cambio al vertice dell'associazione dopo l'addio di Fabio Meloni, chiamato a Roma Marras lancia la nuova era Acli: «Da noi si fa pratica di solidarietà»

«Credo sia tornato il tempo di fare percorsi di alfabetizzazione al senso civico, di ricostruire luoghi di partecipazione e di formazione della coscienza critica, di educare alla politica, intesa nel senso dell'attenzione reale e della solidarietà verso chi ha bisogno», dice il neo presidente regionale delle Acli, Franco Marras - eletto nei giorni scorsi a Oristano dal Consiglio regionale dell'Associazione - che prende il posto di Fabio Meloni, primo sardo dopo diversi decenni chiamato nell'ufficio di presidenza nazionale. CHI È Cinquantacinque anni, componente dell'assemblea regionale del Pd, capo di gabinetto dell'assessorato dei Trasporti, ha lavorato per 25 anni nella formazione professionale, «fino a quando Soru ci ha rottamato, e non mi stanco di ripetere che da allora la dispersione scolastica è aumentata e gli iscritti all'università sono diminuiti, segno che il problema non era certo la formazione». Poi dipendente regionale (attualmente in aspettativa), Marras milita nelle Acli
(Associazioni cristiane lavoratori italiani) dal 1983 e racconta di «bellissimi ricordi».

LA MILITANZA «Cominciai con l'organizzazione di una fiaccolata per la pace a Cagliari, poi partecipai a un campeggio a Comiso contro la base Nato, mi sono occupato dei giovani e di mettere in piedi un servizio per l'orientamento al lavoro. Ancora, un'esperienza elettrizzante: insieme con quattro amici (Gabor Pinna, allora segretario dei giovani comunisti, Gianni Ruggeri dei sardisti, Enrico Euli del movimento ecologista e Mimmo Melis dei giovani socialisti) raccogliemmo le firme per un referendum contro la base americana alla Maddalena, poi il governo nazionale decretò che quella non era materia da referendum, non si votò dunque, ma la campagna e il veto di Roma ci fece sentire comunque molto orgogliosi». Aggiunge: «Su questi temi non ho cambiato idea».
GLI OBIETTIVI Marras ha assunto l'incarico pensando soprattutto al suo successore. «Lo faccio con grande entusiasmo, intendiamoci, ma in due
anni vorrei che si formasse un nuovo presidente, giovane, che rappresenti con autorevolezza il gruppo dirigente che ha un'età media bassa».
IL PROGRAMMA «Le Acli devono essere un'organizzazione “prepolitica”, il luogo dove si impara e si insegna a occuparsi dell'altro, ad accorgerci che spesso è chi ci sta accanto ad aver bisogno di aiuto e sostegno. Mi piacerebbe che si ritagliassero un ruolo che oggi non hanno più i partiti e i sindacati. Non da sole, perché l'autoreferenzialità è un male, ma assieme a tutto quello che di positivo c'è nell'Isola, l'associazionismo cattolico e civile, i piccoli movimenti. Vorrei contribuire a creare un circuito virtuoso di collaborazione che sia un punto di riferimento costante per i cittadini istituzioni e arricchisca la crescita sociale».
Cristina Cossu

La nuova.


l’intervista - Cuperlo: «Il nostro Pd vive momenti difficili»

Per l’ufficialità bisognerà aspettare qualche giorno e la nota della Cassazione, ma pare certo che il referendum per abrogare 4 norme della legge 107, la cosiddetta «Buona Scuola», non ci sarà. Lo ha comunicato al Comitato referendario il tribunale supremo dopo aver constatato che per i quesiti sono state raccolte poco meno delle 500.000 firme valide. E poche migliaia di firme in meno non consentono di giungere
alla prova referendaria. Il mancato raggiungimento del tetto minimo arriva a sorpresa perché fino a pochi giorni fa i promotori hanno sempre ribadito che le firme avevano superato il mezzo milione.di Maria Berlinguer wROMA «Sono soddisfazioni, lo scriverò nel mio curriculum insieme ai 38 giorni in cui sono stato presidente del Pd, scherzi a parte credo che il tentativo vada fatto al netto di tutte le cautele legittime e anzi ovvie per come sono andate le cose in questi ultimi mesi». Gianni Cuperlo è il dirigente scelto dalla sinistra del Pd come rappresentante nella commissione che ha il compito di rivedere l’Italicum condizione posta dalla minoranza per votare Sì al
Referendum, costituzionale. Ed evitare gli effetti che il «combinato disposto», la definizione è di Bersani, tra legge elettorale e monocameralismo potrebbero avere sull’assetto democratico. All’ultima direzione ha messo sul tavolo anche le sue dimissioni da deputato, nel caso dovesse votare No. Conferma? «E un fatto di coerenza al quale non dò peso. Di fronte a una spaccatura le mie dimissioni sono l’ultimo dei problemi, Ne sono consapevole».. 

Davvero pensa che questa commissione presieduta da Guerini e della quale lei fa parte riuscirà a produrre una nuova legge elettorale prima del 4 dicembre? «No. Non è quello che mi aspetto. E certamente non auspicherei che il Pd mettesse la fiducia, come ha fatto sull’Italicum che io non ho votato. Si tratta di capire però se davvero c’è la volontà di cambiare l’Italicum. Oggi con le crisi delle democrazie il problema è quello della rappresentanza. Renzi non può continuare a dire che l’Italicum è una buona legge ma se il Parlamento ha una proposta sono disposto a cambiarlo. Il Pd deve definire con chiarezza i capisaldi e i principi della nuova legge elettorale, perchè quello che è in gioco non è un tecnicismo ma un problema di rappresentanza». Bersani però resta scettico. Una commssione non si nega a nessuno, dice. Ci sono ancora margini per evitare la spaccatura al referendum del Pd? «Il mio impegno per evitare rotture drammatiche sarà totale, spero ci sia la stessa volontà politica e lo stesso impegnoche è stato messo sull’Italicum da parte di Renzi». Ma a Raitre il segretario premier in
tv non è sembrato affatto preoccupato dalla rottura interna. Se la minoranza non si fida voti no, ha detto. La minoranza dice che non ci sarà alcuna scissione. A furia di strappi non sarà inevitabile arrivarci? «Non mi è piaciuto affatto l’atteggiamento di Renzi in tv.

So bene anche io che l’assillo degli italiani non è nè la legge elettorale nè la riforma della Costituzione ma la situazione economica, il lavoro dei figli, i soldi che non bastano mai. Di questo ci dovremmo occupare, minoranza e maggioranza. Ma l’assetto democratico non è affatto secondario, riguarda la rappresentanza dei cittadini. Non la minoranza del Pd. E le nostre preoccupazioni sono quelle di una larga fetta del nostro elettorato che ci segue con sospetto e in qualche caso ci ha abbandonato». Colpa di Renzi? «Il
compito di un leader, di un capo politico, è quello di tenere unita la sua gente, di saper trovare la ragioni di sintesi. La nostra comunità oggi invece vive tempi difficili». Bersani dice mi devono cacciare con l’esercito, noi restiamo è casa nostra. Esclude scissioni anche lei? «Non è dietro l’angolo ma dobbiamo lavorare seriamente a una ricomposizione».

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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