mercoledì 12 ottobre 2016

Una sana e robusta guerra tra poveri. A chi serve? Non di certo ai sardi.



Il popolo sardo non è razzista, il popolo sardo sa cosa significa emigrare in paesi lontani, trovarsi a contatto con gli stranieri. I sardi, inoltre, sono conosciuti come persone ospitali. Il problema del popolo sardo è un altro: la frustrazione, la totale incapacità di vedere un futuro. In base ai dati, chiudono due attività al giorno, abbiamo un tasso di disoccupazione reale altissimo. Anche chi svolge professioni come l'avvocato, o l'ingegnere (esempio di professione che un tempo permetteva di avere un reddito medio alto), oggi fanno altri lavori, quando ci riescono, perché la domanda supera di gran lunga l'offerta. Chi ha un lavoro, non sa per quanto l'avrà, e sopratutto è costretto ad accettare pesanti condizioni di lavoro.


La frustrazione si genera quando hai un problema, e non sai, non puoi affrontarlo.Perché la crisi è di tutto il Paese, non puoi dire "Ok, vado a lavorare al nord," come si faceva un tempo. Al nord tutto il sistema industriale sta vivendo una crisi ormai decennale, e se riesci a trovare un lavoro, ti devi confrontare con i costi degli affitti, che sono altissimi. Dunque, parti a lavorare per sopravvivere, quando ti va bene.


I sardi sono frustrati, e la frustrazione sfocia nella rabbia. Tutto si ritorce contro di noi, la cultura iperindividualista ha portato ad un egoismo, che ha atomizzato unità compatte, che spesso erano il motore della protesta. Anche perché protestare, ormai, è quasi del tutto inutile. Talvolta, a protestare, ti trovi solo, perché la paura di una denuncia ti costringe alla paralisi. Se non trovi lavoro, ed in più hai una denuncia legata all'ordine pubblico, devi avere troppi santi in paradiso. Grazie ad internet, ed alle forze dell'ordine che diffondono foto e notizie prima ancora che sia effettuato qualsiasi processo, basterà digitare il tuo nome su un motore di ricerca per svelare morte e miracoli della persona che ti ha inviato il curriculum.


Per questo monta la rabbia, e s'inventano nemici sociali, come è accaduto in qualsiasi periodo di crisi economica. Adesso gli emigrati, soggetti estremamente deboli (non possono nemmeno denunciare, per timore del foglio di via) sono il capro espiatorio di una situazione socialmente insostenibile. Eppure senza approfondire la questione, tutti sappiamo che questi disperati non vogliono restare in Sardegna, del resto, cosa resterebbero a fare?



Dunque, o si comprende quali sono i responsabili di questo dissesto sociale, e li si affronta a muso duro, oppure siamo destinati al sogno della classi al potere: una misera lotta tra poveri.

V.M.D'Ascanio.

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